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Bagno nella fontana. Lettera aperta di Emanuele Di Russo e Chiara Grenga

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Se nostro figlio andasse ad imbrattare i muri della scuola, ci farebbe vergognare di più il fatto di avere una scuola sfigurata o il fatto di non essere stati in grado di ascoltarlo e di accompagnarlo nella sua tempesta evolutiva o nel suo disagio, il fatto insomma che il suo gesto metta in luce anche una nostra responsabilità? Quanto accaduto ieri – il bagno nella fontana del ragazzo con alcune fragilità psichiche – prima che un fatto di decoro, è un fatto di civiltà, quella che la nostra comunità tutta avrebbe dovuto dimostrare. Quella civiltà che prima delle denunce, con volti sbattuti in prima pagina, si sarebbe potuta e dovuta esprimere con una chiamata al Pronto Intervento Sociale (PIS 800.212.999 o alle forze dell’ordine.
Immaginate se fosse toccato a vostro figlio, quale sarebbe stata la vostra reazione, il vostro sdegno? Viva gli italiani! Prima gli italiani! Ci urlano i pensatori leghisti che con Salvini, al posto degli sbandierati rimpatri, hanno messo molti migranti nella condizione di vagabondare per le strade e per le piazze. Apolidi, senza cure sanitarie, senza una residenza, cioè: li teniamo in Italia (perché qual è lo Stato che li riconoscerebbe come propri cittadini?), e li teniamo (evitando di mantenerli così abbiamo più risorse per gli italiani?) con meccanismi assistenziali sempre di emergenza, cioè solo quando le necessità esplodono in drammi e al di fuori di contesti protetti e inclusivi capaci di trasformare il dramma in opportunità reciproche. Quelli che con grande dimostrazione di civiltà e di lungimiranza preferiscono le pagine di giornale alle soluzioni, preferiscono risparmiare sull’investimento in civiltà e accoglienza ieri, per spendere in emergenza oggi.

Continuiamo a riempire le pagine dei giornali, a girarci dall’altra parte e ad aspettare che ciò che il viaggio della speranza non è riuscito a fare durante il tragitto, lo faccia qui da noi, in Italia, nei campi di sfruttamento del caporalato, della prostituzione, dello spaccio degli stupefacenti e dei rifiuti tossici, o per le strade possibilmente buie e nascoste dei disgraziati abbandonati alle loro sofferenze. Poco importa se questa politica crei le migliori condizioni di sviluppo della malavita.
L’accoglienza, quella strutturata, toglie linfa alla malavita, allontana i rischi di contagio sanitario e malavitoso, crea le condizioni di sviluppo sano per i disgraziati e per gli italiani.

Questa amministrazione comunale si è sempre battuta per questo tipo di accoglienza, per non lasciare nessuno indietro, e quindi nessuno alla deriva o nelle mani di potenziali sfruttatori. Nelle possibilità delle proprie risorse, fortemente limitate dalla politica leghista, ha gestito case di accoglienza con percorsi di inclusione in alternativa ai centri di ammasso degli immigrati, ha accompagnato le persone in difficoltà e senza una fissa dimora attraverso i dormitori notturni (che quest’anno per l’emergenza Covid sono andati avanti anche nella stagione estiva) e i servizi di monitoraggio del loro stato di salute.

Se poi un figlio ti scappa di casa e ti fa una bravata c’è da chiedersi dove hai sbagliato, tu genitore, ma anche tu cittadino di una comunità che non ha visto nulla finché non ti sei sentito colpito nel decoro della tua città.

Emanuele Di Russo

Chiara Grenga