home Testimonianze La strana “prassi” delle interrogazioni in terra pontina, di Francesca Suale

La strana “prassi” delle interrogazioni in terra pontina, di Francesca Suale

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Sarà il caso di ripercorrere la nostra storia recente,  per compiere una continua operazione di conservazione della memoria e soprattutto dalla memoria trarre insegnamento. Sarà anche il caso, sempre, da ora in poi, di pensare alla nostra vita in questo contesto socio-culturale in funzione di uno ieri che è entrato nella nostra percezione e, quel che è più grave, in molte delle nostre abitudini da essa scaturite.

Come non riflettere sul fatto che troppe volte si è prodotta una sfrontatezza dell’agire, un asservimento delle Istituzioni agli uomini, mentre dovrebbe essere il contrario, che ha causato seri danni a questa terra pontina, e ha prodotto lo scollamento tra cittadini e Istituzione.

Oggi, che una interrogazione parlamentare depositata il 12 ottobre a firma del senatore Gasparri ha portato il nome della nostra città di nuovo sotto i riflettori nazionali, in una sede istituzionale, inevitabilmente la memoria mi corre a fatti di un recente passato, che ho ancora vivi,  e ai perché che li hanno generati, che a-posteriori si sono rivelati in tutta la propria nefandezza. Non senza provare  un senso di inquietudine e perché no, di profonda amarezza.

Siamo nel settembre del 2008, l’ex Prefetto di Latina Bruno Frattasi  scriveva all’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni chiedendo lo scioglimento del Comune di Fondi per infiltrazione mafiosa. Nonostante in una relazione dettagliata il Prefetto esponesse il caso, nomi e fatti a dimostrare come fosse emersa la contiguità degli allora vertici dell’amministrazione comunale con esponenti di una nota famiglia locale affiliata al clan dei calabresi, nulla si mosse.  La richiesta di scioglimento rimase bloccata e sortì quale incredibile effetto una interrogazione parlamentare proprio contro il Prefetto stesso. A nulla valse poi  una seconda relazione del Prefetto redatta sulla base delle indagini della Magistratura e nel dicembre del 2009 il Prefetto Frattasi venne trasferito d’ufficio.

Ricordo il suo discorso di commiato, era il periodo in cui le palme morivano a causa del punteruolo rosso, una dopo l’altra divorate dall’interno, le foglie accasciate verso il suolo, in segno di resa … così la similitudine con la moria delle palme entrò nelle parole di Frattasi, che evocarono un territorio deturpato dal contagio di un male capace di nutrirsi proprio della sua bellezza, trasformata in paesaggio spettrale. Inquietante saluto ad una terra delle palme che morivano, a causa di un parassita incontrastato. Non lo dimenticherò mai, questa metafora è rimasta dentro di me e con essa, oggi il senso di una pratica che sembra essersi riprodotta ancora, interrogazioni  prive di fondamento, inclini al paradosso, forse per calare una cortina di fumo  o peggio sollevare uno scontro istituzionale senza precedenti.

E così accadde nel  2014, il Questore De Matteis è arrivato da poco, ma quel poco gli basta per capire e dichiarare che a Latina «c’è una straordinaria tendenza a vedere fenomeni come racket e usura ma nessuna sensibilità verso il malaffare dei colletti bianchi. Qui le cose peggiori non le ha fatte la camorra. Il vero core business a Latina è il cambio di destinazione d’uso. In questa città bisogna fare un lavoro serio di indagine, investire risorse per capire cosa è successo in questi anni. Quindi niente droga, niente omicidi, niente estorsioni: solo colletti bianchi».  E ancora dichiarava: “I clan non sono il male peggiore, c’è la propensione ad accettare passivamente la corruzione” . De Matteis iniziava a parlare di sciatteria a proposito di urbanistica e dello stadio Francioni, ma di nuovo queste dichiarazioni sortivano una reazione inquietante, una interrogazione parlamentare a firma dell’On. Maietta, poi disconosciuta da Maietta stesso, che portava all’attenzione del Parlamento la nostra città, non come ci si potesse aspettare, ma esclusivamente in virtù di una infondata accusa rivolta ad un questore.

Si legge infatti nell’interrogazione che: “le dichiarazioni del questore sull’urbanistica ad avviso dell’interrogante sono sorprendenti quanto ai contenuti e ai fatti richiamati, che apparentemente non hanno alcun collegamento con la città di Latina e presentano elementi di generalizzazione che sembrano finalizzati a confondere i luoghi e riportarli nella realtà di Latina che, per quanto la memoria conforti, nell’ultimo decennio non è stata mai interessata da fatti giudiziari eclatanti o significativi che hanno riguardato l’urbanistica…. le dichiarazioni rese alla stampa dal questore non risultano accettabili in relazione al ruolo istituzionale ricoperto”. 

Di nuovo uno scontro istituzionale… una cortina fumogena per nascondere ciò che poi si rivelerà in tutta la sua crudezza e non più rinviabile responsabilità.  L’inaccettabilità  di cui si parla nell’interrogazione è senza dubbio rivolta ad una azione contro quel potere che si è nutrito di  una prassi fatta di silenzio,  e quando quel silenzio viene spezzato da una voce e da scelte nette, inequivocabili, mentre per decenni si è brancolato in una sorta di lassismo ininterrotto, nella rassegnazione, allora il potere si rivolta a cercare lo scontro.

Ci resta il dubbio che, di tanti silenzi prodottosi per fatti davvero eclatanti, sfociati poi in inchieste finite nella aule dei Tribunali, non sia stata ancora colta da tutti l’assoluta gravità, mentre la terra delle palme malate ha continuato a morire.

Francesca Suale